Testo di 'Quadro Effetto Giorno' di Giorgio Gaber

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Eppure io nella mia vita ho conosciuto delle persone... no, non so se le ho conosciute, o mi piace immaginarle... sì, delle persone che riescono a vivere con estrema naturalezza. Per loro la vita è una cosa... semplice. Sì, è così che dovrebbe essere, ma non è.
Purtroppo attraversavo un periodo in cui mi uscivano fuori, senza che lo volessi, tutti i dubbi della mia esistenza. Mi ricordo quei giorni come un incubo, un incubo a porte chiuse. Non so da quanto tempo vivevo in quella casa come se non esistesse più neanche il giorno e la notte. Possibile che fosse Lui la causa di tutto? Certo, la sua presenza non era casual. Sì, lo incolpavo, e glielo dicevo, anche. Ma Lui non se la prendeva affatto. Non è certo con le parole che si migliorano le cose... E poi gli urlavo, gli tiravo degli oggetti... Lui si scansava appena. Lo rincorrevo... forse Lui, forse la sua ombra. Devo anche avergli scritto una lettera, mi pare... Niente, non aveva più nessun ritegno. Mi passava accanto tranquillo. Giocava con le mie cose. Aveva capito tutto... il mio lavoro, la macchina da scrivere, anche il videotape... Lo usava, si faceva i primi piani, credo... perchè poi l'ho visto sullo schermo. Non mi sembra di averle fatte io, quelle riprese... brutte, sfocate...
Basta! Non ne posso più. Basta. Devo eliminarlo.
La colla! L'arma micidiale. Me ne frego del decoro, della lealtà. Lo devo distruggere.
Prendo il barattolo e il pennello, con un grosso cacciavite tento di scalzare il tappo. Ecco, ce l'ho fatta. Ho il pennello nella mano destra e nella sinistra... Niente, nella sinistra mi si è incollato il tappo. Maledizione! Queste operazioni sono più difficili di come te le raccontano. O gli altri sono più bravi?... Non importa. Tento di liberarmi del tappo scrollando la mano. Niente. Cerco di aiutarmi con l'altra mano. Dal pennello cadono alcune gocce. Accidenti! Ora il tappo si è attaccato alla mano destra. Ci vorrebbe una terza mano. Sto per avvicinarmi con la bocca. No, per carità! Mi fermo in tempo. Che impresa! Mi avevano detto che la poteva usare anche un bambino. Ma perchè non me lo mandano, il bambino. Così ce lo incollo e lo lascio lì!
In qualche modo riesco a dare un po' di pennellate. La sostanza è appiccicosissima, impiastricciante, schifosa. La stendo dove so che Lui passerà. Dopo un po' il pennello non scivola, anzi... si attacca al pavimento. Lo tiro con forza... a destra, a sinistra. Alla fine si stacca violentemente. Faccio un balzo indietro. Perdo l'equilibrio. Sto per cadere. Istintivamente mi proteggo con una mano. CIAK! Incollato... incollato. Non Lui. Io... Maledizione!
Dopo ore di ingegnoso lavoro, e con l'aiuto di solventi miracolosi, mi appostai per aspettare la sua discesa. Ero sicuro che non avrebbe tardato. Ma come? È già qui?... Da dove è passato? Evidentemente il maledetto ha usufruito di un altro percorso. Bene! Ora ti insegno a vivere. Ho capito. Devo imbrattare tutto. Sì, collante da tutte le parti.
Per mia difesa usai delle assi di legno... delle specie di passerelle, per muovermi a mio agio sul pavimento ormai impraticabile. La casa, se si poteva ancora chiamare così, sembrava l'interno di un manicomio abbandonato. Pezzi di formaggio sparsi, altri avanzi, tavole, cacche di topo, di gatto, barattoli, tappi, cacciaviti...
Ora sudo grosse gocce che mi cadono sugli occhi e mi annebbiano la vista. Ecco, come in un'immagine un po' allucinata, vedo Lui che cammina tranquillo usufruendo dei miei percorsi... sì, le tavole. Diabolico! Lo sa che passando dove passo io è tranquillo! Carogna! Infame! Mi strappo la camicia di dosso e furibondo mi scaglio sul nemico per ingaggiare una lotta primordiale. Lui si ripara appena dietro un baratolo. Io lancio un urlo, digrigno i denti, gli balzo addosso col corpo e con la faccia in una lotta bestiale, tremenda e primitiva.
Tanto primitiva, quanto inutile. Lui non c'era più. Forse non c'era mia stato.

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